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Ave Maria  

Composer: Agostini Donini (1874-1937), 1901


 

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(Italy)

 

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Volume 5, Milano: Calcografia Musica Sacra Bertarelli, 1901
Volume 7, Milano: Calcografia Musica Sacra Bertarelli, 1903 (x2)

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Internet references, biography information.
http://www.treccani.it/enciclopedia/agostino-donini_%28Dizionario-Biografico%29/
DONINI, Agostino
Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 41 (1992)
di Alessandra Campana

DONINI, Agostino. - Nato il 22 apr. 1874 a Verolanuova (Brescia) da Giacomo e da Rosa Carrera, ebbe un'infanzia non facile, segnata dalla morte della madre e dalla scomparsa del padre che, partito per l'America, non diede più notizie di sé.

Mostrato ben presto un vivo interesse per la musica, ne iniziò lo studio con il maestro L. Colleoni, per iscriversi poi al conservatorio di Milano, dove fu allievo di L. Mapelli per contrappunto, fuga e organo e di V. Ferroni per la composizione. Diplomatosi nel 1900 dopo una brillante carriera scolastica (numerose sue composizioni presentate ai saggi ottennero lodi e consensi, e nel 1898 vinse il concorso Bonetti con l'opera in un atto Giuditta), fuchiamato in conservatorio quale insegnante di armonia, contrappunto e fuga, ricevendo anche la nomina di supplente di organo. Nel 1902 fu nominato vicedirettore e organista della cappella della S. Casa di Loreto, diretta a quel tempo da G. Tebaldini, con il quale collaborò per sette anni.

Nel 1909 si trasferì a Bergamo dove successe a Guglielmo Mattioli nella cappella di S. Maria Maggiore, insegnando contemporaneamente all'istituto musicale "Gaetano Donizetti". Per alcuni anni, inoltre, collaborò con l'editore Vincenzo Carrara come direttore tecnico del periodico L'Organista italiano.

Gli furono ripetutamente offerti incarichi prestigiosi, quali la presidenza dell'istituto musicale, la direzione della cappella del duomo di Milano e successivamente della cappella di Loreto, ma rifiutò, sempre schivo e timoroso nell'assumersi responsabilità che potessero limitare la sua libertà. Nel 1932 l'insorgere di una grave malattia e l'improvvisa morte di due dei suoi quattro figli lo indussero a ritirarsi a Verolanuova, ove morì l'8 febbr. 1937.

Della rilevante produzione del D., dedicata quasi totalmente alla musica liturgica, in buona parte tuttora inedita, ricordiamo soprattutto la Messa solenne in onore di s. Agostino per quattro voci dispari e organo (Milano 1908); la Messa "Tu es sacerdos" pertre voci maschili e organo (Bergamo 1928); le inedite: Messa funebre "Filiis patriae inclytis" a sei voci dispari, ottoni e organo ad libitum, e la Messa da requiem "Patri pauperum" adue voci pari e organo del 1922 (presso Ed. Musica sacra, Milano).

Lasciò inoltre vari mottetti, introiti, graduali, inni, laudi, salmi, cantate (fra cui Ifuochi di Loreto per soli, coro a quattro voci dispari, pianoforte e armonium su parole di A. Aleardi); la meditazione del venerdì santo Le sette parole per tre voci dispari e organo su testo dI Metastasio; musiche per organo. Compose anche alcune opere teatrali fra cui la cit. Giuditta in un atto per soprano, tenore e coro; una scena drammatica La morte di Ermengarda per soli, coro e orchestra, tratta dal testo di A. Manzoni; una scena descrittiva La sera per soli, coro e orchestra, tutte inedite.

Il D. ha, nella storia della musica sacra, una importanza forse non ancora completamente riconosciuta, e va posto sicuramente accanto a Lorenzo Perosi nell'ambito dell'opera di riforma della musica sacra realizzata dal movimento ceciliano. Questo, nato intorno al 1830, si proponeva di affrancare la musica liturgica dall'influenza del melodramma, restituendole l'identità e la dignità che aveva gradualmente perduto. A sostegno e norma dell'opera del movimento ci furono ripetuti interventi della S. Sede, culminati con il motu proprio di Pio X del 22 nov. 1903, in cui si auspicava, tra l'altro, un recupero del canto gregoriano e della polifonia della scuola romana del '500.

Nacquero in Italia varie scuole, associazioni e riviste (Musica sacra a Milano nel 1877) e un gran numero di musicisti, in gran parte laici, si dedicò con fervore a creare un patrimonio musicale liturgico adeguato alle nuove esigenze. Figura fondamentale fu quella di Perosi che, con le sue composizioni, creò un modello che, per la sua efficace immediatezza e relativa facilità esecutiva, e soprattutto per il candore con cui riuscì a fondere la tradizione polifonica classica con influenze armoniche e stilistiche wagneriane e veriste, non solo ebbe grande influenza sui compositori del movimento, ma si conquistò anche la simpatia delle scholae di tutta Italia. Se molte composizioni dell'epoca ceciliana rivelano un asservimento poco vitale a moduli e norme stabilite, e una scarsa originalità dovuta spesso a imitazione del modello perosiano, caratteristica preminente dell'intera opera del D. è proprio la profonda originalità: i temi della riforma sono rivissuti alla luce di un'ispirazione intensa e assolutamente personale anche se non priva di riferimenti e assimilazioni di esperienze musicali ottocentesche (soprattutto del Verdi delle ultime opere e della Messa da requiem). Rifiutando compromessi stilistici o pedisseque reminiscenze, il D. attuò nella sua produzione un ritorno all'antico sentito come conditio sine qua non per una musica veramente liturgica. Ed è proprio questa funzionalità della musica al culto che, propugnata dal motu proprio come regola fondamentale, si tramutò per il D. in bisogno interiore, determinando la maggior parte delle scelte stilistiche: essenzialità, concentrazione lirica, coerenza nella costruzione, testo non usato come pretesto ma rispettato e messo in risalto. Scelte che già nella Messa solenne in onore di s. Agostino sono realizzate con piena maturità ed equilibrio, e che si manifestano in stilemi costanti lungo tutto l'arco compositivo, rendendo difficile ogni possibile distinzione di diverse fasi evolutive. Nella Messa "Tu es sacerdos" del 1928, scritta per l'ordinazione sacerdotale del figlio Francesco, compaiono gli stessi canoni stilistici, arricchiti però da una sensibilità armonica più vicina alle esperienze tardoromantiche.

Bibl.: G. Donati Petteni, L'Istituto musicale G. Donizetti, la cappella di S. Maria Maggiore, il museo donizettiano, Bergamo 1928, pp. 148 s.; G. Banfi, A. D. alla luce di qualche ricordo, in Rivista di Bergamo, XV (1937), 4, pp. 4 s.; L. Migliavacca, A. D., in Musica sacra, I (1956), I, pp. 23 s.; 2, p. 55; 3, p. 87; A. Geddo, Bergamo e la musica, Bergamo 1958, pp. 283 s.; G. Bignami, in Enc. dei musicisti bresciani, Milano 1963, p. 105; G. M. Vessia, A. D., in Riv. intern. di musica sacra, II (1981), 1-2, pp. 9 s.; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 456; Suppl., p. 263; La musica, Diz., I, p. 522
 

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